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(Foto: LaPresse)[/caption]
Dalle 6 di questa mattina - ora italiana - l'Argentina è in default, per la seconda volta negli ultimi 13 anni e per la settima nella sua storia. Il Paese sudamericano è andato in bancarotta poiché, entro la scadenza fissata, non è stato trovato alcun accordo tra le banche argentine e i titolari degli hedge fund (ossia dei fondi speculativi) per il pagamento degli interessi ai investitori in bond che hanno aderito al concambio.
L'agenzia di rating Standard & Poor's aveva già dichiarato fallita l'Argentina ieri in serata, ufficializzando di aver rivisto in negativo la propria valutazione sul Paese, da "CCC-" a "default selettivo". Già ieri, infatti, era parsa del tutto infondata la speranza che fosse accettata una proposta di accordo fra le banche argentine e i titolati degli hedge fund, secondo cui gli istituti di credito avrebbero acquistato i bond e rimborsato interamente i fondi. Il governo di Buenos Aires però nega il default, che per definizione si ha quando i debiti non vengono pagati: l'Argentina, infatti, avrebbe effettivamente destinato il capitale dovuto,** **ma i fondi sono stati bloccati dal giudice statunitense Thomas Griesa.
Mentre il ministro argentino dell'economia, Axel Kicillof, minimizza su ciò che sta accadendo e punta il dito contro i titolari dei fondi speculativi accusandoli di "estorsione", una posizione molto più dura è stata assunta da Daniel Pollack, che si è occupato della mediazione. Secondo Pollack il default non è solo una condizione tecnica, ma avrà un impatto sui cittadini argentini che hanno aderito al concambio e che non riceveranno il pagamento degli interessi, e anche per chi ha investito in fondi speculativi, che non riceverà il pagamento garantito dalla Corte. Anche se non è possibile prevedere tutte le conseguenze, non si tratta certo di scenari positivi.