Sono stati appena pubblicati i risultati dell’ERC Starting Grant 2014, un programma dell’European Research Council che distribuisce 485 milioni di euro a progetti di ricerca di eccellenza proposti da chi ha ottenuto il dottorato da più di due e meno di sette anni. Prima di tutto, complimenti vivissimi alla squadra degli 11 “Italiani”: Mario, Francesca, Gian Paolo, Monica, Scott, Alberto, Vanessa Elisa, Enrico, Maria Chiara, Carlo, Matteo. Porteranno alle istituzioni che li ospitano un finanziamento in media di 1,5 milioni di euro ciascuno. Bravissimi, come meritano un plauso tutti i 328 scienziati provenienti da ogni continente che svolgeranno la loro ricerca in Europa.

Tutto bello quindi? Non esattamente. Due anni fa mi ero occupato di un fenomeno che ritengo devastante per la ricerca nel nostro paese. Lo tratto di nuovo perché la situazione è significativamente (e prevedibilmente) peggiorata. Gli italiani si piazzano bene in questa competizione se si considera quanti scienziati educati nelle nostre università risultano vincitori (28 su 328); gli italiani sono al terzo posto dopo Germania e Francia che sono paesi molto popolati.

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Il risultato però disastroso, comparabile con la tragica spedizione calcistica a Brasile 2014, è che solo 10 su 28 (36%) svolgeranno la propria ricerca in Italia, cui va aggiunto un singolo “straniero”.

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L’Italia, con 60 milioni di abitanti, si piazza al pari di Austria (8 milioni) e Danimarca (5 milioni), e porta a casa un terzo dei grant dei Paesi Bassi (solo 16 milioni). Ringrazia sentitamente il Regno Unito che nonostante solo 13 ricercatori di nazionalità britannica (4%) di grant ne porta a casa ben 55 (17%). Le statistiche complete sono qui.

Se il nostro paese fosse riuscito ad ottenere un numero di finanziamenti almeno pari a quelli di ricercatori di nazionalità italiana, i quali presumibilmente hanno svolto una parte consistente degli studi nel nostro paese, non avrebbe regalato agli altri Stati europei circa 25 milioni di euro. In generale, si può osservare (considerando anche gli altri programmi dell’ERC, Consolidator e Advanced Grant) che l’Italia destina più soldi alla ricerca delle altre nazioni di quelli assegnati alle proprie università; per confronto, tutti i finanziamenti ministeriali per il 2014 (bando di Marzo 2014, Fondi SIR) ammontano a 47 milioni di euro e i risultati saranno resi noti non prima di aprile 2015.

Qui non si tratta di tagli ai fondi di ricerca: il problema non è solo il “quanto” ma soprattutto il “come”. Per il programma quadro Horizon è stato firmato un accordo fino al 2020 con il quale i contribuenti italiani donano agli altri paesi milioni di euro. Sarebbe come se tante squadre mettessero tutte amorevolmente assieme i soldi per organizzare un torneo di calcio e dopo la squadra italiana è mandata a giocare senza scarpe e senza allenamenti. Quello che è successo e cosa accadrà in futuro è fino troppo prevedibile.

Continuare a partecipare ai programmi ERC in questo modo non è accettabile e un correttivo va introdotto (lo scrivo in modo volutamente provocatorio) al limite addirittura valutare l’uscita dell’Italia dal programma Horizon 2020. Non vorrei davvero scrivere un post tra due anni nel quale si discuta del perché non c’è più neppure un singolo grant in Italia…

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